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La vinificazione della Verdea nei Colli Piacentini | vinipiacentini

La vinificazione della Verdea nei Colli Piacentini


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La tradizione della Verdea risale nell’alto medioevo, la leggenda fa risalire la coltivazione di questo vitigno al monaco irlandese Colombano, che si dice la portò in Val Trebbia quando giunse dall’Irlanda.
Quest’uva ha avuto una grande importanza nell’economia vitivinicola piacentina durante tutto il ‘900, la doppia attitudine (uva da tavola e uva da vinificare) ne ha diffuso la coltivazione in tutto il piacentino.
La buccia spessa e la maturazione tardivapermettevano la conservazione per la vendita come uva da tavola sui mercati locali e nelle province limitrofe, mentre i grappoli non perfetti venivano pigiati solitamente in uvaggio con altri vitigni a maturazione sempre tardiva, come la bonarda.L’utilizzare uve non perfette dava origine a vini grezzi, mentre oggi, con le moderne tecniche di vinificazione, si sono ottenuti vini di notevole interesse.

Abbiamo assaggiato un passito in purezza, fatto da Massimo Massari dell’azienda la Pergola di Ziano Piacentino ed alcune prove di botte di vinificazioni normali e i risultati ci sono parsi davvero buoni soprattutto per il passito.

Massimo ci ha raccontato tutto del vitigno e da dove viene la sua idea di recuperare un autoctono piacentino: “Abbiamo deciso di provare a vinificare la Verdea per non disperdere un patrimonio piacentino, infatti questo vitigno è diffuso in tutto il territorio.

Abbiamo scelto di provare a produrre un passito dopo accurate analisi dell’uva nei vari stadi di maturazione ed appassimento.

La verdea con la sua buccia spessa, ricca di molte sostanze, e l’alto grado zuccherino bilanciato da una acidità abbastanza alta, ci pareva adatta a questo tipo di vinificazione ed i risultati sono stati molto buoni.

Abbiamo vendemmiato dopo un appassimento sui tralci tagliati da 15 giorni, quindi abbiamo steso le uve su graticci all’ombra in posizione molto ventilata. L’appassimento sui graticci è durato 3 mesi, quindi abbiamo pigiato e messo il mosto ( 42° zuccherini nel 2004) in una piccola botte.

La fermentazione è avvenuta molto lentamente, la permanenza in botte è durata 13 mesi.

Il risultato è stato un passito molto particolare, nel bicchiere è molto denso di un colore oro antico molto luminoso, al naso ricorda molti vinsanti toscani, mentre in bocca la dolcezza è avvertibile ma per nulla stucchevole, ottimamente controbilanciata da una bella acidità e dai 15° alcolici.

L’abbinamento consigliato è con formaggi importanti, molto stagionati, e con pasticceria secca.”

Ora questo passito è, pur da giovanissimo, molto bevibile trascorrendo qualche anno di ulteriore affinamento in bottiglia potrebbe diventare un grandissimo vino da meditazione.